Compravendita immobili fra parenti

Compravendita immobili fra parenti

Nel nostro ordinamento non ci sono divieti particolari nella compravendita di immobili tra parenti: che si parli di genitore/figlio e viceversa o di vendita tra coniugi, è sempre ammessa.

Ovviamente ci possono essere delle eccezioni, che non dipendono del bene stesso, ma dalla condizione particolare in cui ci si trovi.

Per esempio, una persona che sia tutore non può diventare acquirente di un bene del soggetto che è sotto la sua tutela, perché si parla di conflitto di interessi.

Il figlio può vendere un immobile al genitore a patto che lo faccia con un’operazione trasparente, regolare ed al giusto prezzo.

 

Vendita trasparente

La vendita deve essere effettiva e reale. Di solito si tratta di un accordo tra 2 soggetti che non hanno vincoli di parentela e non si conoscevano fino al momento della compravendita, legati magari da un mediatore.

La compravendita poi deve essere al prezzo di mercato, che può differenziarsi, per difetto o eccesso, da quello praticato nella stessa zona per immobili simili, ma di poco e non di tanto. Deve essere un prezzo considerato nella norma.

I problemi, invece, nascono quando dietro una vendita, che sembra trasparente e regolare, ci siano in realtà secondi fini non regolamentati.

La vendita simulata o la vendita che cela una donazione

Viene adottato dalle parti solo in apparenza lo schema della compravendita, quando in realtà le intenzioni sono altre. Nella realtà delle cose, entrambi sono d’accordo sul fatto che non ci sia un effettivo passaggio di denaro dall’acquirente al venditore. In pratica si simula una compravendita con l’intenzione di fare una donazione.

 

La vendita lesiva della legittima

Si parla di lesione di legittima quando l’erede non riceve ciò che gli spetta per legge. La legge prevede che quando muore una persona una parte del suo patrimonio deve andare ai parenti più stretti, come figli, coniugi o ascendenti.

Si tratta della cosiddetta quota legittima o quota riservata, per il cui calcolo occorre fare riferimento al codice civile.

Nonostante la legge imponga la destinazione di questa quota in favore dei parenti più stretti, accade di frequente che, alla morte di un parente stretto, ci si accorga di aver ricevuto meno di quanto effettivamente spettante per legge.

Può accadere che una persona abbia disposto dei suoi averi con donazioni a favore di amici e/o parenti; oppure, può verificarsi che egli abbia espressamente previsto nel testamento che tutti i propri beni, o comunque la maggior parte di essi, dovessero andare ad un’altra persona.

Il legittimario (figlio, coniuge, convivente) leso nei suoi diritti (che vengono detti “diritti di riserva”), che subisce la lesione di legittima, e vuole far dichiarare inefficaci le disposizioni testamentarie e le donazioni che ledono i suoi diritti, deve agire in giudizio con l’azione di riduzione per lesione di legittima.

L’azione di riduzione ha la funzione di rendere inefficaci gli atti (disposizioni testamentarie o donazioni) che sono lesivi dei diritti dei legittimari: con questa azione i beni di cui il defunto ha disposto per testamento o mediante un contratto di donazione tornano nel patrimonio ereditario, come se l’atto lesivo non fosse mai esistito.

*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.

 

                                                                                                                                         Fonte: immobiliare.it

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