Recupero sottotetto e cambio d’uso: basta una CILA?

Recupero sottotetto e cambio d’uso: basta una CILA?

Il TAR Campania definisce i confini degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nel caso di cambio di destinazione d’uso nel recupero di un sottotetto

Quando il recupero di un sottotetto comporta un cambio di destinazione d’uso, basta presentare una CILA, anche in sanatoria, oppure per la sua ristrutturazione è necessario fare richiesta di permesso di costruire? Un dubbio piuttosto frequente e su cui si è pronunciata recentemente la settima Sezione del Tar Campania con la sentenza n. 5446/2021.

Recupero sottotetto e cambio destinazione d’uso: cosa dice il Tar

I giudici si sono trovati ad affrontare due ricorsi, presentati dai comproprietari di un edificio su tre piani, per cui era stato ingiunto da parte del Comune un ordine di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione effettuati per il recupero di un sottotetto e per una baracca costruita in giardino.

In particolare, la quota del sottotetto era stata aumentata di 40 cm, quindi oltre il limite consentito di 25 cm previsto dal comma 2, art.11 della legge 115/2008; inoltre erano stati realizzati impianto elettrico e idrico, modificando la destinazione d’uso del locale da vano tecnico/lavanderia in unità abitativa.

I ricorrenti hanno insistito nel ribadire che:

  • la differenza della quota rientrava nei 25 cm consentiti dal comma 2 art.11 della legge 115/2008;
  • i lavori rientravano nelle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria assoggettate ad interventi di edilizia libera e comportavano tra l’altro, il miglioramento dell’efficienza termica dell’edificio con l’installazione di un cappotto termico tra la perlinatura interna ed il manto di tegole.

Tar: l’aumento di volume è ristrutturazione edilizia

Il Tribunale non è stato dello stesso avviso perché:

  • le opere in questione hanno comportato un ampliamento volumetricodell’edificio preesistente, per cui esse vanno qualificate come intervento di ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria non consentito nei casi di manutenzione straordinaria;
  • la realizzazione di una diversa distribuzione degli spazi interni al locale sottotetto mediante tramezzature, nonché la realizzazione dell’impiantistica idrica, elettrica e di una cucina avrebbero costituito semplici opere di manutenzione ordinaria o straordinariasolo se il locale avesse avuto già una destinazione d’uso di tipo abitativo;
  • se tale destinazione abitativa non era già sussistente, un eventuale cambio sarebbe stato subordinato al permesso di costruire.
  • l’aumento di spessore della gronda (40 cm) è superioreal limite massimo previsto (25 cm).

Di conseguenza, per tutti questi interventi, non sarebbe stata sufficiente la CILA ma ci sarebbe voluto il permesso di costruire, per altro non concesso per violazione dei limiti consentiti per l’aumento di altezze e volumetrie.

Per altro, non basta eliminare gli arredi per ripristinare l’originaria destinazione d’uso del sottotetto, perché questa operazione non incide sulla strutturazione del locale e l’abuso realizzato resta sostanzialmente intatto. Non solo: al momento della richiesta, l’intervento non è stato prospettato come volto a migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio, per cui quanto comunicato successivamente sembra essere solo un mero artificio finalizzato a giustificare ex post quanto realizzato.

Ordine di demolizione è atto dovuto e vincolato

Oltre a respingere la CILA in sanatoria perché sarebbe stato necessario il permesso di costruire, l’Amministrazione ha anche ingiunto un ordine di demolizione che non è stato applicato. Di conseguenza il Comune ha acquisito l’edificio nel proprio patrimonio immobiliare.

I ricorrenti si sono opposti, lamentando la violazione dell’art. 7 della L. 241/1990: i giudici hanno respinto anche questo motivo perché:

  • l’ordine di demolizione di un manufatto abusivo costituisce un atto dovuto; pertanto la sua adozione non deve essere preceduta dall’avviso di cui all’art. 7 della L. n. 241/1990, in quanto trattasi di una misura sanzionatoria per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata;
  • l’applicazione della sanzione e l’acquisizione dell’area di sedime al patrimonio del Comune costituiscono atti dovuti e vincolati rispetto ad un precedente ordine di demolizione.

Infine, in questo caso la presentazione di una CILA in sanatoria non avrebbe portato alla sospensione dell’ordine di demolizione perché essa non è un titolo edilizio ma una richiesta legata all’esercizio di attività edilizia libera: nella fattispecie sarebbe stato invece necessario il previo rilascio di un permesso di costruire.

Il Tar ha quindi respinto entrambi i ricorsi, perché la modifica di destinazione d’uso avrebbe comportato il rilascio di permesso di costruire e le attività di ristrutturazione non potevano essere configurate come attività di edilizia libera.

 

Fonte:lavoripubblici.it

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